Un
percorso ecostorico a cura di Valter Careglio
Errori del geologo? Non lo so. Certo è che quando un toponimo si chiama
"Malpensata" o "Giairasse", chi determina le zone a rischio
alluvionale di un Comune, dovrebbe almeno riflettere un momento sul suo etimo che,
evidente nel primo caso, nel secondo, come ghiaia, deriva dal latino glarea (=
detriti di rocce trasportati dai fiumi) e, da questo punto di vista non lascia sperare
nulla di buono. In ogni caso i toponimi da soli non bastano.
Si può ricorrere allora alla memoria degli anziani o a quanto conservato negli
archivi comunali e parrocchiali.
Ho provato a svolgere questo esercizio, soprattutto nella prospettiva di offrire al
geologo del materiale su cui riflettere in vista della sua relazione per il nuovo piano
regolatore. Inutile dire che, pur avendo effettuato uno spoglio di documenti ancora
sommario, mi sono imbattuto in una serie di documenti significativi che forse è bene
condividere con tutti, affinché tutti sappiano e ciascuno tragga le sue conseguenze.
Tre secoli fa
Innanzitutto va detto che Macello ha patito fin dall'inizio la sua vicinanza al
Chisone tanto che, sorto originariamente oltre la balera della Ghiara, intorno all'antica
Chiesa parrocchiale di S.Maria Maddalena, a levante-mezzogiorno dell'attuale abitato, e
dunque verso il Chisone, con la costruzione del castello finì per essere spostato in una
posizione più sicura attorno al ricetto che si stava sviluppando già nel corso del XIV
secolo.
Nonostante ciò, ancora all'inizio del settecento il torrente continuava a creare
problemi alla Comunità macellese che, in una supplica, esortava la Duchessa di Savoia
Anna D'Orleans, a prendere i dovuti provvedimenti:
Espone la Comunità di Macello quando nelloccasione dellinnalzamento del
livello dei fiumi avvenuta a causa della pioggia caduta nella primavera trascorsa, il
torrente Chisone si ingrossò in tale maniera che, lasciato il suo vecchio letto, ne
formò uno novo nel territorio di Macello, e ne più fertili beni desso, ove
continuamente et inanzio presentemente ha corrozo, et va corrodendo beni, et nel caso de
nova escrescenza, oltre alli beni, le case et habitazioni [
] desso luogo
restano in evidente pericolo dessere corrose, et estirpate, et ridotto il Registro
della Comunità a puoco, o nulla.
E per evitare quanto su esposto si richiedono
pronti riparti da farsi, eziandio sovra territori alieni, et massime superiori a quelli di
Macello [
]
La S.V si degni di comandare a chi meglio le
parirà che trasferendosi sovra li luoghi de luoghi e chiamati quelli che si
dovranno chiamare, assunto seco persona esperta, faccia procedere alla deposizione di quei
ripari necessari e sufficienti, et in quelli luoghi che stimerà più opportuni per
evitare i danni che potrebbero venir causati da nuove inondazioni, e presa cognizione di
tutti i danni già causati e che possono causarsi dal torrente.
Nelloccasione di tali ripari proposti si
faccia concorrer anche le altre comunità, sia inferiori che superiori, si e come si
stimerà conveniente [
]
Si rimanda al Conte e Refferendario [
] della
Provincia di Pinerolo, ed in sua assenza al Conte Refferendario di Stato [
] che
trasferendosi sovra li luoghi de luoghi supplicati, chiamati quelli che si
devono.[
]
Una relazione successiva confermava la
Situazione delle
Repari [
] al luogo del Bacino Chisone [
]
Ripari si devono conservare [
] a Pinerolo e
Macello e vicino allimboccatura della bialera di Vigone. [
] Secondo si
formerà un reparo al di sotto del ponte a Garzigliana nella regione Boschi del paschetto
e nel territorio di Vigone, a Garzigliana.
E portava alla tanto auspicata ordinanza di intervento:
ANNA
DORLEANS PER GRAZIA DI DIO, DUCHESSA DI SAVOIA, PRINCIPESSA DI PIEMONTE, REGINA DI
CIPRO
Visto le nostre
udienze, alligata supplica, e considerato il suo tenore. Per le presenti, di nostra certa
scienza in vigore dellautorità che teniamo, da S.A.R. mio signore e consorte, e con
il parere del Consiglio mandiamo ed ordiniamo al Conte Referendario Ruschis, direttore
della Provincia di Pinerolo, ed in sua assenza al Conte e Referendario di Stato Cassotti
di Ceresole, quali in ciò, specialmente reputiamo che, trasferendosi sovra li luoghi
de luoghi supplicati, e chiamati quelli che si dovranno chiamare [provvedano
tempestivamente a riparare i danni con un contributo spese per quelle comunità che pensa
che debbano avere tale aiuto][
] Torino, 20.8.1708[1]
Si trattò evidentemente di piccoli interventi, dal momento che l'architetto Amedeo
Grossi, nella sua Corografia della città e provincia di Pinerolo (1800), segnala
che a metà del '700 il paese fu travolto da una grave e pesante alluvione:
Nell'Ottocento
Ed è ancora Casalis, mezzo secolo dopo, a segnalare le continue difficoltà che
derivano dalle continue esondazioni del torrente Chisone:
Ma
dove maggiore correva il pericolo si era nelle vicinanze di Garzigliana. Il Chisone invase
la località detta del Castellasso, obbligando parecchi massari a sgombrare dalle loro
case con il bestiame, ed inondando prati, campi e vigne per la superificie di circa due
miglia.(La lanterna del Pinerolese, 17 maggio 1890).
La
penultima ondata
Al di là di queste piccole notizie d'archivio la memoria degli anziani si
concentra sulla grande alluvione che investì le campagne macellesi, subito dopo l'ultimo
conflitto mondiale, nel 1949. Una tragedia annunciata, dal momento che già un anno prima,
il 16 maggio del 1948, il Chisone, dopo aver rotto gli argini degli Agnesini, tornava
seriamente a minacciare le campagne di Baudenasca e Macello:
Domenica
mattina, 16 (del) corrente (mese),il Sindaco di Pinerolo con lAssessore (
.) e
il Sindaco di Macello, si sono recati nella località maggiormente colpite
dallinondazione, ed hanno provveduto a far eseguire opere di fortuna per contenere
le acque del Chisone, che avevano già rotto le vecchie arginature presso le cascine
Agnesini, minacciando di rompere completamente la sponda e di riversarsi nelle campagne
circostanti di Baudenasca e Macello. (L'Eco
del Chisone, 22 maggio 1948).
E in effetti, con una ciclicità impressionante, l'alluvione del 2 maggio 1949
colpì pesantemente le nostre campagne: in seguito allo straripamento del Chisone,
provocato dalla rottura degli argini in zona Agnesini, nelle vicinanze del Torrione,
veniva infatti isolato il Galoppatoio di Baudenasca e le acque invadevano immediatamente
le due cascine denominate Venaria, ed alcuni locali dellamministrazione
militare.
Ripercorriamo attraverso la cronaca del settimanale locale quei terribili eventi:
La situazione
si presentava subito grave, in quanto la larghezza e limpetuosità del doppio corso
dacqua che si era venuto a formare (da una parte le acque del Chisone, e
dallaltra quelle del canale irriguo di Buriasco, alimentato dal Chisone) e le
condizioni meteorologiche sempre sfavorevoli, mettevano in serio pericolo 18 persone e
più di cento quadrupedi.
Il comando del
presidio militare di Pinerolo, sotto la cui giurisdizione è la zona allagata e quella
isolata, disponeva il ritiro di tutti i civili dalla zona pericolosa con la precedenza a
donne e bambini.
Lopera di salvataggio che ebbe inizio verso le ore 15 di lunedì
scorso, col concorso di militari e tre squadre di pompieri, una di Torino e due da
Pinerolo sotto la direzione del Comandante del Distaccamento locale, Geom. Giuseppe
Testanera.
Il primo
tentativo che richiese molto lavoro per la sua preparazione fallì, e per poco tre
generosi pompieri, non annegarono. Infatti la barca con cui cercavano di spingersi verso
le cascine isolate, avendo urtato contro due piante, si capovolse, lasciando totalmente
sommerso il vigile Filippo, che però mostrò la sua bravura tornando prontamente a galla
per riguadagnare la barca. Benché tutto inzuppato dacqua, continuò a prestare
generosamente la sua opera fino a tarda sera.
Quattro vigili
tentarono quindi di raggiungere le casermette del Galoppatoio a piedi. Avevano
lacqua non alla gola, alle spalle. (Da notarsi che nella zona sommersa,
laltezza media delle acque era di tre metri). Furono però respinti dalla violenza
crescente della corrente.
Nel tardo
pomeriggio tre animosi dipendenti, due militari ed un civile, dal centro addestramento del
servizio ippico e veterinario, sapendo che gli isolati difettavano di viveri, si erano
offerti volontariamente di tentare un guado, cosa che ebbe esito felice e che servì a
rifornire gli isolati ed a metterli al corrente di quanto si stava facendo per portarli al
sicuro.
Calavano intanto
le prime ombre della sera. Le operazioni di salvataggio si facevano tanto più pericolose.
Anche il ricorso ai fari si mostrò inefficace. Bisognò attendere la luce del giorno
seguente.
Martedì
3, alle ore 7 del mattino si riprendevano i tentativi, validamente appoggiati dagli uomini
del Genio Civile e Militare di Torino.
Seguendo il
cammino tracciato felicemente fin dal giorno precedente dal geometra Testanera, movendo
dal lato dellabitato di Baudenasca con un canotto pneumatico, i vigili poterono
spingersi fin nei pressi delle due cascine.
Un contadino
tendeva loro le braccia invocando soccorso. Dalla distanza di una settantina di metri con
un lanciasagola gli uomini del canotto gli lanciarono una fune, perché ne legasse una
estremità ad un albero, mentre essi facevano la stessa cosa per lestremità
opposta. Assicurato quindi il canotto mediante un anello alla fune tesa, procedevano senza
timori.
Raggiunta la
casa, assistettero a scene commoventi. Chi gridava dallo spavento patito, chi supplicava,
chi ringraziava, gettando le braccia al collo dei salvatori, chi piangeva.
Ma nessuno
voleva decidersi a tentare il guado. La prima a rompere gli indugi fu una mamma con due
bambine. Tutte e tre affidatesi alla perizia e al coraggio dei vigili, furono tratte in
salvo : per circa trecento metri col canotto e poi a spalle.
Lesempio e
il successo delloperazione indusse anche gli altri delle cascine e delle casermette
a tentare la stessa via. Il terrore di una lunga notte passata vegliando alla debole luce
di qualche candela, fra le lacrime e i gemiti misti ai supplici accenti di preghiere
ferventi, andava via via scomparendo dai volti dei salvati, per cedere il posto ad una
composta serenità. Più tranquillo di tutti si mostrò un bambino di 13 mesi: mentre era
trasportato, fissava due grandi occhi sulle acque fangose, come se volesse fotografarle e
trasfigurarle, comunicando loro la limpidezza del suo sguardo.
Così fra le 10
e le 14, fra lo scrosciar della pioggia, a piccoli gruppi che facevano il trasbordo dal
canotto alle robuste spalle dei vigili e dei militari, le persone isolate furono ,messe in
salvo.
Restarono
soltanto nelle case-rifugio una donna paralitica convenientemente assistita, e 7 uomini a
custodia dei quadrupedi con tutto il necessario per far fronte ad ogni evenienza.
Tutti gli
evacuati, ad eccezione di quelli che ebbero ospitalità da parenti ed amici, trovarono
confortevole alloggio in locali già predisposti dallAutorità Militare.
[
.]
Impossibile, per
ora, fare un calcolo esatto dei danni causati dallalluvione.Oltre cento giornate di
terreno (pari a circa 38 ettari), coltivati in gran parte a vigna ed a grano sono state
devastate. Le piante in alcuni luoghi sono state sradicate.
Il Sindaco di
Pinerolo ha fatto presente al Genio Civile la grave situazione in cui è venuta trovarsi
tutta la zona in sponda sinistra del Chisone in seguito alla rottura degli argini. Il Genio Civile, mercoledì 4, ha inviato da Torino
lIng, Gaspari per un sopraluogo, che venne effettuato insieme col Sindaco e con
lAssessore Nebbiolo.
Poiché la
perizia per i lavori di costruzione degli argini di protezione del Chisone è già stata
approvata dal Genio Civile, e non ha potuto avere finora esecuzione per esaurimento dei
fondi erogati dal Governo per la disoccupazione, il Sindaco ha sollecitato il Genio Civile
per limmediato inizio delle opere suddette coi fondi che si presume saranno
assegnati dal governo per rimediare ai gravissimi danni arrecati dalle acque.
Il capoluogo di
Macello è stato per alcune ore minacciato seriamente dalle acque straripate. Le autorità
comunali con a capo il Sindaco e con l'aiuto di muratori e di volontari disponevano
tempestivamente un forte sbarramento a mezzo di travi e di altri mezzi ingombranti
all'altezza degli Agnesini, poco lontano dal Galoppatoio, facendo così deviare nuovamente
verso il suo letto normale l'impetuosa corrente. Per ragione di prudenza furono fatte
sgombrare le case della frazione Malpensata che fortunatamente non furono invase, forse
anche per la diga che venne formandosi a qualche centinaio di metri più a settentrione
per la provvidenziale caduta di un grosso palo di ferro della corrente elettrica con tutta
la sua imponente base di cemento e la sua intelaiatura nel torrente.
Il corso d'acqua
detto "La Ghiaia" invase le campagne al di sotto del paese nelle regioni dette
le Giairasse, il Sordello, il Rusco recando danni alle rive ed ai campi ed ai pascoli per
una distesa di parecchi chilometri.
[
] Alla
frazione Castellazzo il Chisone ha pure asportato tratti di terreno coltivato e la casa di
Rosseti. (Eco del Chisone, 7 maggio 1949)
Si sarebbe tentati di dire che la
storia si ripete, ma si direbbe il falso, perché questa volta a spalare a Macello c'erano
i volontari della protezione civile ma nessuno ha visto i militari, buoni conoscitori
della nostra zona da loro utilizzata per le operazioni di addestramento e piuttosto
efficienti nell'evacuazione dall'area del galoppatoio, ma non altrettanto nel mobilitarsi
a difesa del paese (da più parti si sono levate vane voci sull'opportunità di sbarrare
il corso dell'acqua attraverso una "diga" posta all'inizio di via Pinerolo e
realizzata anche con l'ausilio dei mezzi cingolati dell'esercito). Anche a loro
l'alluvione del '49 può ricordare qualcosa.
A Macello e, soprattutto, a Buriasco
però parlare del '49 significa riportare anche quanto accaduto il 25 settembre quando un
violento uragano travolse tutto il Pinerolese. Questa volta fu il Lemina a straripare nei
pressi di San Michele, Baudenasca, Buriasco e Cercenasco e ad allagare le campagne
circostanti. Molti furono gli argini divelti, le strade asportate, gli alberi sradicati,
le case allagate. Questa la sintesi dell'avvocato Sabbione, relativa al nostro territorio,
apparsa sull'Eco del Chisone del 1 ottobre 1949:
[
] Qualche episodio:
sotto una tettoia della cascina Lame in Macello i familiari Maniero stanno intenti a
spannocchiare il granoturco mentre piove dirotto. Uno schianto: un lampo accecante: il
fulmine a pochi metri da loro ha incendiato un mucchio di paglia. Con rapidità le fiamme
si comunicano all'edificio e progrediscono malgrado la pioggia e gli immediati
apprestamenti degli astinti per spegnerle. Nel paese il capannone rintocca a martello:
giungono aiuti ma solo dopo le 23 l'incendio è domato.
A Buriasco
l'irromper dell'acqua fangosa trasforma le strade in torrenti alti circa un metro: un
gridar di donne e fanciulli: un correre, pantaloni rimboccati al ginocchio, nelle stalle
per salvare i preziosi capi di bestiame: una bottega è interamente invasa e la merce
distrutta. [
]
E qui è forse bene fermarsi per non
rischiare di cadere in una lunga elencazione di eventi senza trarne alcuna conseguenza. Si
è detto che le responsabilità di buona parte di questi fatti calamitosi dipendono
dall'incuria nella pulizia e nella manutenzione degli alvei dei fiumi e dei torrenti: è
una spiegazione pienamente condivisibile se si pensa che gli eventi del 1948-49 cadevano a
pochi anni dalla fine della guerra e i disastri del 15 ottobre 2000 sono dovuti anche
all'effetto di un appesantimento burocratico che, al fine di evitare speculazioni, ha
però di fatto bloccato ogni possibilità di intervento nel letto dei nostri torrenti. Ma
le lentezze burocratiche nel nostro paese non sono una novità di questi ultimi anni. Già
nel 1883, in occasione dell'Inchiesta agraria Jacini, il deputato pinerolese
Francesco Meardi, nella sua relazione al Ministro faceva notare
Quante volte
infatti non avviene che per la mancanza di una carta insignificante, un progetto d'argini
o di ripari di assoluta urgenza giaccia per mesi e mesi in un ufficio prefettizio o
tecnico o si faccia passeggiare di qua e di là; e frattanto giunge un'inondazione che
tutto travolgendo rende infruttuosa la pendente pratica ed espone gli interessati ad
ingenti danni e ad opere molto più rilevanti!
Tuttavia non mi trovo affatto
concorde con coloro che negano la possibilità che un fiume torni a ripercorrere il suo
originario percorso, se gli interventi dell'uomo vengono effettuati correttamente. Questa
breve incursione negli archivi e nella memoria dimostra infatti che emergono nei secoli
alcuni ricorrenti punti critici (Miradolo, la Cardonata, il Torrione, Baudenasca, le
frazioni Castellazzo, Malpensata, Boschi, Giairasse, e gli stessi capoluoghi di Macello,
Buriasco, Cercenasco) e dovrebbe dunque ricordarci che il nostro territorio non è immune
da questo tipo di problemi, che non è sufficiente ripetersi, per tranquillizzarsi, che si
tratta di un evento occasionale ma è piuttosto necessario prendere coscienza di questo
problema, tenerlo presente nella progettazione dei futuri piani regolatori e, ove ciò non
è stato possibile in passato, correre ai ripari, al più presto.
[1] Comune di Macello, Archivio Storico, Faldone n.8, 1708. Trascrizione di Mario Davicino e Valter Careglio