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Valter Careglio e Marta Colangelo

ATTRAVERSO LO SPAZIO CONTADINO

Strade, paesi, fiere e mercati della pianura pinerolese

Pinerolo, Alzani, 2004.

Prefazione di Luisa Passerini

Questo libro unisce due approcci alla storia del mondo contadino, mostrando quanto siano fruttuosi gli sguardi incrociati che provengono da ambiti disciplinari diversi. La prima parte, a cura di Valter Careglio, utilizza fonti d’archivio per studiare la storia degli spostamenti nella pianura pinerolese a partire dall’Ottocento. La seconda, a cura di Marta Colangelo, si basa su testimonianze orali che ci trasmettono la memoria dei soggetti umani rispetto a quelle dislocazioni. Il tema messo a fuoco da questo duplice sguardo è la spazialità in alcune sue varianti quotidiane, quella delle fiere e dei mercati, ma anche quella delle strade e dei ponti, percorsi da vari mezzi di trasporto. Si dispiega una mappa di vie (che comprendono strade regie - statali - strade provinciali, comunali, vicinali, private e poderali, mulattiere), e di luoghi di incontro, come i grandi mercati di Vigone, Cavour e Pinerolo. Si delinea il cambiamento dei mezzi di trasporto attraverso il tempo, dal mulo e la bici al carro nelle sue molteplici varianti, fino all’autobus e alla tramvia. E’ una storia di luoghi di scambio tra persone e tra comunità, di passaggi anche simbolici nello spazio e nel tempo. La documentazione iconografica aggiunge altri elementi suggestivi per la storia e per l’immaginazione.

 Il presente lavoro ha il pregio di muovere da un atteggiamento di dichiarata modestia, che non esita ad affrontare le micro-dimensioni per offrire materiali e spunti verso un’analisi del paesaggio agrario, fortemente minacciato nel Novecento dalla piccola industrializzazione selvaggia e da un terziario in crescita. La scala locale consente di capire fino in fondo i prezzi pagati per questa modernizzazione e anche di intravedere le possibilità di difesa e conservazione. Il testo costituirà dunque un’utile lettura per molti operatori culturali e amministrativi, che potranno trarne elementi per fare proprio l’auspicio degli autori: “tener conto dell’identità passata del territorio, per progettarne un futuro coerente con la sua storia, che non lo stravolga, ma proprio dal suo passato sappia individuare le nuove direttrici dello sviluppo”. Ma potrà anche offrire momenti di interesse e di autoriconoscimento a un più vasto pubblico desideroso di mantenere o reinstaurare un rapporto con le tradizioni del passato contadino.

 Non c’è infatti dubbio, leggendo questo libro, che la storia locale continui ad avere una sua dignità e più di una funzione. Per esempio è proprio la storia locale che si mostra in grado di fornire indicazioni utili a comprendere quegli aspetti della cultura materiale che visioni generalizzanti rischiano di non vedere. E’ ancora la storia locale che permette un’acuta percezione della geografia in tutti i suoi risvolti, una geografia vissuta nei suoi aspetti fisici e culturali. Ricordiamo infine che, per ovviare ai potenziali rischi di autoreferenzialità e alla tentazione di presumere che chi vive in un contesto strutturato di reti e relazioni possa considerarsi al di fuori di modelli e sistemi sovradeterminanti, la via non si trova certo nella direzione della storia detta generale; è piuttosto a una doppia direttrice di riflessione storico-antropologica che questo lavoro rinvia. Gli sviluppi futuri ai quali esso invita sono la comparazione con altre storie locali e l’approfondimento metodologico dei passi fatti finora. Tali spunti futuri mi paiono particolarmente rilevanti per far emergere gli elementi di soggettività impliciti al livello attuale, soprattutto per quanto riguarda le testimonianze orali, considerate qui prevalentemente per la loro capacità di narrazione, documentazione e descrizione.

 A questi possibili approfondimenti e allargamenti comparativi il presente lavoro invita sia i suoi autori sia altri ricercatori attenti alla dimensione locale, e in quanto tali capaci di riconoscere che la ricchezza del mondo contadino, troppo spesso dimenticata, merita di esserci restituita in tutte le sue articolazioni.

Gennaio 2004

Presentazione di Valter Careglio

Con questo saggio concludiamo un progetto che ha ormai alle spalle una decina d'anni di lavoro. Nelle due pubblicazioni che hanno preceduto questo libro abbiamo osservato generazioni di contadini e contadine della pianura pinerolese muoversi, dapprima, nel loro spazio più consueto, quello tra la mura della cascina, fatto di angusti locali, all'interno dei quali abbiamo però avuto modo di verificare rituali consolidati e attività - affidate soprattutto alle donne - primarie per l'economia domestica[1]; abbiamo poi allargato il nostro sguardo all'aia e ai campi, ai prati e ai boschi, a quell'economia di villaggio, sulla quale, senza accenti nostalgici, vale oggi la pena tornare a riflettere, di fronte alle sfide che la globalizzazione ci pone.[2]

         Con quest'ultimo volume vorremmo tuttavia concentrare la nostra attenzione su quello che, non a caso, abbiamo definito lo spazio contadino "attraversato", quello spazio cioé che i nostri contadini hanno nel tempo percorso, in occasioni molto diverse, per raggiungere i capoluoghi o i piccoli centri di un'economia di scambio che si è fattia via via più vivace nel corso dell'età moderna, fino a subire una drastica accelerazione dalla seconda metà del Settecento ai primi anni del Novecento.

Si tratta di uno spazio che in relazione al miglioramento della viabilità e dei mezzi di trasporto tende progressivamente ad accorciarsi producendo un mutamento rivoluzionario nella percezione del tempo nel mondo contadino, ma al contempo ridefinisce anche la natura dell'economia di scambio, con mercati e fiere che si rafforzano e altri che declinano. Inevitabilmente allora il centro della nostra indagine si sposterà, in questo ultimo volume, dal cuore della pianura pinerolese - Macello, Buriasco, Garzigliana, Osasco – (luogo privilegiato delle indagini de La cascina e Al tempo del grano) verso Pinerolo, grande centro mercatale di scambi tra la montagna e la pianura ma anche tra la provincia e il capoluogo torinese, senza tuttavia tralasciare le vicende di importanti mercati come quelli di Vigone e Cavour che mantengono nel corso degli ultimi tre secoli una loro vitalità.

         Si tratta in ogni caso di mutamenti che non avvengono secondo un processo lineare, ma attraverso una trasformazione molto lenta che non sempre prende le direzioni che i suoi artefici avrebbero voluto, ma lascia dietro di sé un tale reticolo di strade e vie di comunicazione, per molti versi simile a quello delle acque per l'irrigazione che abbiamo studiato nel precedente volume, tutt'altro che abbandonato anche oggi che il trasporto gommato sembra poter fare a meno di molte arterie secondarie.

         Al contrario lo spazio attraversato che i nostri avi ci hanno lasciato in eredità si impone continuamente all'attenzione degli amministratori che si trovano a rivisitarlo in una chiave nuova e sovente diversa: basti pensare alla proliferazione delle piste ciclabili, una moda che rischia di segnare il passo se a una tale domanda di turismo sostenibile, non sapremo far fronte con adeguate risposte istituzionali che lo sostengano collegandolo, ad esempio, con le principali vie ferroviarie o con adeguati punti di ristoro pensati appositamente per questo tipo di utenze: quanti bed & breakfast o agriturismi hanno finora pensato a predisporre dei menu dietetici in funzione di una popolazione che dopo una sosta riprende a pedalare?

         A noi piccoli ricercatori si chiede spesso perché continuiamo ad occuparci di storia locale, una storia così angusta che deve spesso scontrarsi con la realtà di un pubblico di lettori esiguo e, di conseguenza, di editori poco disponibili a rischiare il loro denaro. Le risposte sarebbero molte, a cominciare dall'amore per la propria terra, ma questo non è sufficiente. Affinché la storia non scada nella nostalgia e nell'erudizione, deve, a nostro modesto parere, continuare ad essere una storia "militante", nel senso che deve concretamente cercare di rispondere alle domande dell'oggi; e le sfide dell'attualità riguardano proprio la capacità di ripensare il territorio sia nelle sue problematiche più drammatiche, quali, ad esempio, quella della difesa dai disastri ambientali - argomento di cui ci siamo occupati nel precedente volume - ma anche nelle sue potenzialità di sopravvivenza e rilancio economico nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. Allora mentre a Torino - ma anche nelle nostre vallate alpine -, ove la Fiat e il suo indotto segnano il passo, è doveroso reinventare lo “spazio industriale”, qui in Provincia, dove l'agricoltura ha continuato a disegnare il paesaggio integrandosi sempre più con un terziario in crescita, si scopre da un lato come certe vie di comunicazione abbandonate possano essere reinventate in prospettive nuove, come nel caso della linea Ferroviaria Airasca-Moretta che, secondo un ambizioso progetto della Provincia di Torino, potrebbe diventare un'arteria ciclabile significativa con le vecchie stazioni riutilizzate quali vetrine per la promozione e la commercializzazione dei prodotti tipici locali; oppure, grazie a tecnologie ingegneristiche impensabili un secolo fa, si scommette sul rilancio di assi viari che tradizionalmente avevano una rilevanza notevole, ma che il trasporto gommato sembrava momentaneamente aver reso periferici. E' il caso della costruzione del ponte sul Chisone, tra Macello e Garzigliana, che non contribuirà solo ad alleggerire il traffico dalla val Pellice per Torino attraverso Pinerolo, ma è anche una scommessa sulla rinascita economica di tutta la pianura pinerolese.

         La storia delle fiere e dei mercati di questa regione, di fronte alle imminenti sfide della politica agricola comunitaria, vuole essere infine un'occasione per ridisegnare una geografica della promozione commerciale che possa essere in qualche modo di sostegno alle tante iniziative che amministrazioni locali e pro-loco hanno messo in moto in questi anni attraverso una riscoperta delle proprie tradizioni. Il tutto, in linea con le scelte che hanno caratterizzato il precedente volume, senza rinunciare a qualche incursione nello studio dei comportamenti sociali trasgressivi di ieri che, riguardando il problema dei tributi del dazio, non appaiono poi così lontani dai nostri.

         Il nostro è ovviamente un piccolo contributo a questa riflessione, che spetta soprattutto agli Amministratori, i quali, c'è da augurarsi, nelle loro scelte sappiano tenere conto dell'identità passata del nostro territorio, per progettarne un futuro coerente con la sua storia che non lo stravolga, ma proprio dal suo passato sappia individuare le nuove direttrici dello sviluppo.


[1] Colangelo Marta, Lo spazio contadino. La cascina. Memorie di uomini e di donne della pianura pinerolese prima della seconda guerra mondiale, Pinerolo, Alzani, 1999.

[2] Colangelo Marta e Careglio Valter, Al tempo del grano, Alzani, Pinerolo, 2002.

Presentazione di Marta Colangelo

La storia dell'antropologia conosce relativamente poche popolazioni agricole non stanziali, gli abitanti della campagna pinerolese non fanno eccezione.

Nella cultura agricola di questo territorio la cascina e i campi annessi non sono solo il centro dell'esistenza ma una fonte irrinunciabile di identità, “...questa è stata la terra dei miei nonni e dei nonni dei miei nonni...”, vendere la terra è un grande dolore quasi un sacrilegio.

Le dimore sono fisse, i terreni conservati, il mestiere tramandato, gli orizzonti definiti e gli spostamenti pressoché rari e difficoltosi quanto non strettamente necessari. Tutto circola poco, dalle innovazioni ai prodotti, dalle persone ai cambiamenti. Nell'economia di sussistenza di questo territorio–tempo i percorsi di scambio sono brevi e se i prodotti fanno poca strada ancora meno, se si escludono i professionisti dei trasporti, ne fanno le persone; ma tra la prima e la seconda guerra mondiale tutto il mondo cambia e questo eco raggiungerà a poco a poco anche le campagne di Osasco, Vigone, Macello, Cavour, Scalenghe...

Le case dai muri spessi e solidi, i grandi portoni in legno, le vie acciottolate e talvolta porticate danno ai paesi di questa pianura un'immagine di solidità, di radicamento al terreno, di pervasivo desiderio di staticità. I viandanti che ne varcavano le porte erano accompagnati dai pieni e dai vuoti di questa sapiente architettura inevitabilmente fino alla sempre presente grande piazza centrale, dove i grandi edifici amministrativi e religiosi fanno da corona ad un vuoto in attesa.

Attraversandola, in un giorno qualsiasi della settimana non si poteva sfuggire a questa "un'attesa". Il cuore vuoto della piazza, scolpito sulle pietre del pavimento, sotto lo sguardo austero delle facciate degli edifici, non trovava infatti giustificazione se non per quel che accadeva in quell'unico giorno dove bancarelle, cavagne, carri, biciclette, cittadini, contadini, viandanti e commercianti si danno appuntamento: il giorno del mercato.

I mercati e le fiere, da sempre territorio fisico dello scambio, sono l'occasione della contaminazione tra ambienti distanti molta fatica. In queste occasioni la montagna e la pianura, i formaggi e le castagne incontrano la frutta e il grano e poi entrambi la città o meglio i prodotti dell'industria delle città come chiodi, reti, detersivi, tessuti.

La porzione di territorio che ogni paese destina a questa attività è spesso ben definita, rimarcata nei confini e precisamente codificata per utilizzo, tempi, spazi e accesso. Il mutamento, che lo scambio porta insito in sé, può e deve essere governato e contenuto entro precisi limiti fisici di tempo e spazio per poter essere accettato. Il progredire dei mezzi di trasporto come della qualità delle strade fa che tra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda giungano su questi mercati nuovi prodotti che le precedenti difficoltà di trasporto frenavano, si pensi a prodotti alimentari come prosciutto crudo o alle arance o ad altri prodotti come le stoffe sintetiche.

I paesi, per queste campagne, sono il luogo deputato per eccellenza allo scambio non solo di prodotti, ma servizi, informazioni, rapporti sociali; sono quella porzione di territorio dove ci si conferma parte di una comunità, dove si incontra l'altro, dove si ribadiscono i propri confini.

In paese si incontra tutto ciò che la cascina non produce dal formaggio al taglio dei capelli, dalla possibilità di imparare a cucire all'istruzione scolastica e alla Messa, ma non solo, il paese è anche il luogo-occasione di incontrare amici e parenti che vivono in cascine lontane, di fare due chiacchiere con l'amica che è andata anche lei a vendere al mercato, di dine due davanti ad un bicchiere tra una una partita di carte e due tiri a bocce. Queste "chiacchiere" sono un indispensabile collante sociale che permette alla comunità di ritrovarsi, di sapere e di progettare costantemente la propria permanenza in un dato territorio.

Indice

Assi viari, fiere e mercati tradizionali del basso pinerolese tra XVIII e XX secolo

Viabilità

Dalla staticità al movimento

Una nuova sensibilità verso le vie di comunicazione

Il trionfo del movimento e l’emarginazione della pianura pinerolese

Da una riva all’altra: sogni e progetti di un ponte mai realizzato

Due secoli fa

Il guado, la passerella, il ponte: i progetti della belle époque

Le difficoltà del primo dopoguerra, l’impegno dei podestà e i ponti di carta del regime.

Fiere e mercati

Nel Settecento

Il sistema delle fiere e la crisi dei piccoli mercati

Tre grandi mercati nell’Ottocento: Vigone, Cavour e Pinerolo

Verso il paese

Strade, vie, scorciatoie e mezzi di trasporto

Le strade

Strada poderale

Strada secondaria comunale

Strada comunale

Strada statale

Mezzi di trasporto

A piedi

In bici

Con il carro

Autobus

Tramvia

Il cantoniere

Il paese

Appendici

Villafranca al tempo della “Fera di puciu”

Breve storia della invenzione della bicicletta

Breve Storia della C.I. FEM Coldiretti

La confraternita femminile delle Figlie di Maria

Bibliografia

Note sugli autori

Valter Careglio, laureato in Storia Contemporanea presso l'Università di Torino, insegna Materie Letterarie presso l'Istituto Professionale per l'Agricoltura e l'Ambiente di Osasco (To) e “Educazione agli strumenti multimediali” presso l’Università di Torino. Dopo essersi occupato per lungo tempo di vicende industriali, lavora da alcuni anni sulla storia rurale del Pinerolese e dei suoi prodotti tipici, cercando di coniugare la ricerca con le nuove tecniche di comunicazione multimediale. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo "Pietro Osella. Un contadino nella Grande Guerra. Diario 1916-20" (Pinerolo, 1995), "Quando il telaio scricchiola. La val Pellice e la crisi del cotonificio Mazzonis" (Pinerolo, 1999), "Macello.L'archivio virtuale" (cd-rom, 2001), “Al tempo del grano. Uomini, donne, paesaggi e mestieri della piana pinerolese prima della II guerra mondiale” (scritto con Marta Colangelo, Pinerolo, 2002), “Lungo le vie d’acqua del Pellice” (scritto con Dario Martina, Pinerolo, 2003).

 Marta Colangelo. Laureata in Filosofia con indirizzo antropologico presso l'Università di Torino, svolge le sue ricerche nel campo della ricerca etnografica e della video antropologia. Regista di numerosi documentari è attualmente responsabile dell'Istituto Wesen. Da alcuni anni si occupa di documentare la cultura contadina della pianura piemontese con dirette ricerche sul campo. Ha pubblicato: “Lo spazio contadino. La cascina” (Pinerolo,1999), “Memorie diverse. Tre generazioni sul confine italo sloveno di Trieste ricordano il XX secolo” (Trieste, 2000), “Trieste , memorie diverse in una città di frontiera” (Torino, 2000, in collaborazione con altri autori) e “Al tempo del grano. Uomini, donne, paesaggi e mestieri della piana pinerolese prima della II guerra mondiale” (scritto con Valter Careglio, Pinerolo, 2002).

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